Estate di venticinque anni fa: i Fugazi –con la pubblicazione dell’EP “Margin Walker” (giugno 1989)– danno inizio ad una sorta di traghettamento del punk e dell’hardcore nell’era del post-rock, già sdoganato dagli Slint e dai Jesus Lizard. Dopo alcuni mesi, esattamente nel gennaio 1990, arriva “Repeater”, primo album della band di Washinghton (il precedente “13 Songs”, dell’89, non era infatti altro che una raccolta comprendente gli EP “Fugazi” e “Margin Walker”).

Repeater” –poi ristampato, in CD, con l’aggiunta delle tracce di “3 Songs” (7inch, luglio ’89)–, ad oggi, è reputato dalla critica come uno dei dischi più rivoluzionari della storia del rock e ciò non a torto: ciascuno degli undici brani rappresenta quell’eccellenza che la band di Ian MacKaye e Guy Picciotto difficilmente riuscirà a replicare negli anni a seguire. L’album parte con “Turnover“, ottimo ed accattivante starter seguito dall’originalissima titletrack(“Repeater”) e da “Brendan #1“, brano con chitarre in stile Sonic Youth ed accordi marchiati Slint. Nonostante la brevità (tre minuti scarsi), “Merchandise” nella sua formalità è uno di quei gioiellini hardcore che molto devono ai Pere Ubu mentre i quattro minuti scarsi di “Blueprint” rappresentano una meravigliosa noise-ballad sospesa nel limbo ritmico creato da Joe Lally e Brendan Canty.

La b-side del vinile si apre con le febbrili atmosfere di “Sieve-Fisted Find” seguite dai cambi di tempo a singhiozzo caratterizzanti “Greed” e dal basso metal, contrapposto a prove di canto armonico, di “Two Beats Off“; si continua con “Styrofoam“, inghiottita da vortici chitarristici e sezione ritmica con i piedi ben piantati in terra, e –prima di sbattere la porta (“Shut the Door“, traccia conclusiva dell’album)– arriva la rivisitazione di un brano (“Provisional”) già edito nell’EP “Margin Walker”: “Reprovisional“, tipico brano Fugazi, che rappresenta indubbiamente un modello compositivo per essenzialità, ritmi tirati e tracimazioni noise intelligentemente calcolate.

L’album, all’epoca, sforò le centomila copie vendute e divenne, a tutti gli effetti, un caso discografico anche perché, oltre all’originalità della strutturazione dei brani, in “Repeater” i Fugazi trovarono un equilibrio tra passione, etica ed intelligenza nonché tra istinto e raziocinio ma anche poesia. I lavori successivi saranno caratterizzati, ma con misura diversa, da tale equilibrio ed in più risalteranno lo stile imprevedibile di “Steady Diet of Nothing“ (1991) e l’approccio massiccio e al tempo stesso lineare di “In On The Killtaker” (forse l’episodio meno riuscito della discografia), fino ad arrivare agli apporti maturi di “Red Medicine” (1995), al post-rock imprinting di “End Hits” (1998) ed infine all’apprezzabile “The Argument”, del 2001. Quest’ultimo rimane, ad oggi, l’ultimo album pubblicato dai Fugazi, band che va senza dubbio ricordata –oltre che per le canzoni– anche per il loro attivismo, per il loro particolare stile di vita (straight edge) e per la loro resistenza all’arroganza delle major.

Ma i Fugazi vanno ricordati anche per essere passati, gratuitamente o per pochi spiccioli, anche dalle nostre parti: chiedetelo ai miei coetanei catanesi, che ancor oggi non riescono a togliersi dalla mente i due concerti del 18 giugno 1995 e del 3 ottobre 1999. Se non ci credete, andatevi a guardare l’archivio online:http://www.dischord.com/fugazi_live_series.

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