Manchester. La Manchester degli Smiths. La stessa Manchester dei Joy Division prima, dei New Order poi. Che poi è anche la Manchester degli Stone Roses, degli Happy Mondays, e di tutta la scena denominata, non a caso, Madchester. La Manchester fucina di talenti, patria dell’Indie Rock in tutte le sue sfumature.

 

Cinque amici che guardano la TV. C’è un film di Sergio Leone, un classico, un cult del cinema nostrano, il Buono, il Brutto e il Cattivo, del ’66.

Una stanza gialla, con poster, chitarre, un mappamondo che ruota su se stesso, un fenicottero rosa sopra il camino e quella TV. In realtà, dei cinque amici, solo tre stanno guardando il film.

Gli altri due sono fratelli.

Il più grande, Noel, è seduto sul divano e suona la sua chitarra, con gli occhi chiusi; sogna, cerca ispirazione.

Il piccolo, Liam, è sdraiato a terra, e come al solito, se ne sta fottendo. Di tutto, di tutti. Accanto a lui, Sigarette e Alcohol. Un pacchetto e qualche bicchiere. Se mezzo pieno o mezzo vuoto, questione di prospettive.

I due fratelli di cognome fanno Gallagher, e questa immagine, esattamente 20 anni fa, riempiva gli scaffali dei negozi di dischi di tutto il mondo.

Il 30 agosto 1994 usciva Definitely Maybe, un album destinato a cambiare la storia della musica moderna.

 

Per chi non l’avesse ancora capito, stiamo parlando degli Oasis.

Chiariamoci subito, leviamoci questo peso di dosso: il quintetto (o duo?) Mancuniano non ha inventato nulla da zero.

Qualcuno dice che hanno preso le canzoni dei Beatles e le hanno suonate come l’avrebbero fatto i Sex Pistols. Niente più, niente meno.

No, non può essere solo questo. Non puoi spiegarlo così un fenomeno di tale portata.

Non si sono limitati ad ascoltare migliaia di volte Revolver, The Stones Roses, Sticky Fingers, The Queen is Dead, The Gift e Never Mind the Bullocks, e a suonarli, suonarli e suonarli ancora.

 

Perché quei versi, i loro versi, ti trasmettono sempre qualcosa, quelle melodie ti fanno urlare, emozionare, piangere, ti danno i brividi.

Perché gli Oasis sono il simbolo di un’intera generazione; le loro canzoni sono inni per chi negli anni’90 era bambino, adolescente o ragazzo, e con quelle canzoni, anche sentite solo alla radio o alla TV, c’è cresciuto.

Perché gli Oasis sono stati sfacciati e veri come mai nessuno nella storia della musica. Esordirono cantando che, “chi se ne fotte di quello che pensi, io sono qui stasera, e stasera sono una Rock n’ Roll Star”. Si facevano di coca, e “chi se ne fotte di quello che pensi, c’ho i soldi e me lo posso permettere. Sono una Rock n’ Roll Star”.  Molti li amavano, moltissimi li odiavano. Ma “chi se ne fotte di quello che pensi. Sono una Rock n’ Roll Star”.

Perché una sera riempivano uno stadio, la sera dopo erano in un Pub, ubriachi, a fare a pugni senza motivo.

Perché la loro strafottenza, la loro rabbia, la loro voglia di vivere quella vita, quel sogno, partendo da zero, partendo dalla fame e dalla disperazione della Manchester operaia… tutto questo ha dato speranza, ha dato stimolo, alle migliaia di ragazzi che vivevano nelle loro canzoni, anche solo come unica fuga da una vita dura e senza altra via di scampo, quello stesso sogno.

Io non sono nessuno, e non lo sarò mai probabilmente. Ma se voglio, se lo sento, non me ne fotte di quello che pensi, stasera sarò una Rock n’ Roll Star.

 

Ed è proprio Rock n’Roll Star che apre il disco. Chitarre distorte, sovrapposte a creare un muro sonoro che sarà il marchio di fabbrica della band nei primi 3 album. La voce, giovane, arrogante, ribelle, graffiante di Liam. In una sola canzone, nella prima del primo album, tutta la carriera del gruppo. Il testo è una chiara dichiarazione di intenti. Sì, sempre quel “Chi se ne fotte di quello che pensi, stasera sono una Rock n’ Roll Star”. E loro non ci girano intorno, te lo gridano così, subito in faccia, appena hai acceso lo stereo e messo su il CD.

Segue Shakemaker, psichedelia e punk. Allegra, incalzante, confusa, un testo senza senso, scritta chissà in che condizione psicofisiche dal principale, anzi unico compositore Noel.

Ben altra ispirazione deve aver avuto invece per la composizione di Live Forever, una ballata sognante, gioiosa, positiva e malinconica insieme. A detta di chi scrive, il vero capolavoro della band. Composta quando ancora era un roadie degli Inspiral Carpets, improvvisando un giro di accordi mentre ascoltava Shine a Light degli Stones.

La canzone per stessa ammissione dell’autore, è un opporsi al pessimismo dominante nei pezzi delle band grunge che spopolavano in quegli stessi anni. Così, ai Nirvana che cantavano “I hate myself and I want to die”, gli Oasis rispondevano con “Maybe I just want to fly/ want to live, don’t want to die”. Le intenzioni di Rock n’Roll Star, in una veste più poetica, che porta Noel a uno degli apici della sua ispirazione, sia lirica che musicale:

Maybe I will never be/ all the things that I want to be/ now is not the time to cry/ now is the time to find out why/ I think you’re the same as me/ we see things they’ll never see/ You and I are gonna Live Forever”. E’ un inno, è una poesia.

 

Up in the Sky precede i due singoli di maggior successo del disco: Columbia, i cui versi psichedelici sono probabilmente un’autobiografica cronaca dell’abuso di cocaina, e Supersonic. La formula è quella, Rock n’Roll, punk, strafottenza nella musica, psichedelia nelle liriche. Supersonic è il primo singolo in assoluto della band, ed il primo successo. Arrogante nel sound, ancora una volta folle e insensato nelle parole. Dovrebbe essere ormai chiaro, almeno per i più attenti, che Noel, come paroliere, non veda altra guida e riferimento che il John Lennon di I Am The Walrus (la cui esecuzione, non a caso, ha chiuso per gran parte della loro carriera i concerti della band). “I need to be my self/ I can’t be no one else/ I’m feelin’ Supersonic/ gimme Gin & Tonic”.  Arroganza e nonsense, appunto. L’atteggiamento rude da hooligan impresso in versi che sembrano messi insieme solo perché fan rima. Follia o/e genio?

La furiosa carica di Bring It on Down ci trascina ad un altro dei numerosi inni composti dal maggiore dei Gallagher:Cigarettes and Alcohol: rivolta a quelle migliaia di ragazzi che come loro,  trovavano rifugio da una vita squallida e triste solo nello sballo e nei divertimenti facilmente etichettabili come immorali e nocivi. E ancora oggi, a vent’anni di distanza, sappiamo di cosa volessero parlare. Gli Oasis si scagliano contro la morale, perché tutti i ragazzi come loro, come noi, sono depressi, tristi, apatici: e allora lascateci sfogare come vogliamo: “Is it my immagination/ or have I finally found something woth livin’ for?/ I was lookin’ for some action/ but all I found was Cigarettes and Alcohol”. Sigarette e Alcohol, una vita di vizi, ma che almeno vale la pena vivere. Perché questa società così opprimente non l’abbiamo voluta noi. E’ questo che sembra dirci Liam, è questo che rende gli Oasis, ancora oggi, così popolari, così attuali, così vicini. Picchi di poesia e picchi di violenza. Positività e rabbia. Nessuno come loro sembra aver mai capito ed esser riuscito ad esprimere attraverso la musica cosa si prova a vivere in un mondo in cui ci si sente sempre fuori posto, in una società squallida e senza prospettive di cambiamento.

L’ironica Digsy’s Dinner, il cui testo parla della cena a base di lasagne a casa di un amico dei Gallagher, spezza la rabbiosa atmosfera dell’album, e ci conduce alla seconda grande ballata: Slide Away. Gli Oasis, per gli ascoltatori occasionali, sono soprattutto grandi compositori di ballate. Tutti li conoscono per brani come Wonderwall, Let There Be Love o Stop Cryin’ Your Heart Out. E questa grande capacità di creare melodie orecchiabili e romantiche raggiunge uno dei suoi vertici in Slide Away: una delle meno conosciute, una delle più belle. Noel per bocca di Liam parla di un amore perso, sogna di ritrovarlo. “Now that you’re mine/ we’ll find a way/ of chasin’ the sun/ let me be the one/ who shines with you/ in the morning we don’t know what to do”. Commovente, poetico, romantico. Uno dei pezzi migliori del repertorio della band.

E con un’altra ballata si chiude il disco: Married With Children, unica traccia interamente acustica, canzone d’amore decisamente meno ispirata della precedente.

 

Sad Song, inspiegabilmente esclusa dall’edizione su CD e presente solo sul Vinile, è una delle tante perle nascoste nell’immenso repertorio degli inizi della band, che tra B-sides dei singoli (Alcune delle migliori non a caso verranno recuperate nell’album-raccolta The Masterpan) e tracce non presenti in nessun disco, conta capolavori che meriterebbero una visibilità ben maggiore. E Sad Song è una di queste. La prima canzone su un album cantata da Noel, è un brano acustico, come da titolo triste, permeato di malinconia, che traspare anche nel testo, in cui l’autore riversa la propria voglia di fuggire da quella città ormai troppo stretta per quel giovane sognatore e la sua voglia di fare musica.

 

Il resto è storia. L’album successivo, (What’s the story) Morning Glory?, contenente hit planetarie quali Wonderwall,Don’t Look Back in Anger Champagne Supernonva, lì consacrerà definitivamente come la più grande rock band (in termini di popolarità) degli anni ’90. Nell’agosto ’96, il leggendario concerto di Knewborth, dove gli Oasis si esibirono di fronte a 250.000 spettatori nel giro di due serate, record nella storia dei concerti in UK, soprattutto per l’enorme numero di richieste di biglietti, con ben 2,5 milioni di fan che tentarono, invano, di acquistarne uno.

I meriti degli Oasis vanno ben al di là dei loro limiti come artisti e come personaggi.

I frutti di ciò che gli Oasis sono stati negli anni ’90 li raccogliamo oggi: dagli Arctic Monkeys ai Coldplay, passando per KasabianMuse e The Killers, solo per citarne alcuni, molte delle band che stanno riportando il Rock in vetta alle classifiche di tutto il mondo, e che hanno iniziato  riempire di nuovo stadi e palazzetti, non hanno mai fatto segreto della loro ammirazione per i fratelli Gallagher, né di aver iniziato a suonare nelle proprie cantine o garage ispirati da essi.

E’ legittimo dunque affermare che con questo disco, abbiano scritto una pagina importantissima, fondamentale della storia del Rock. Perché tutto è (ri)iniziato da qui. Perché hanno acceso in milioni di ragazzi l’amore per il Rock, per la musica suonata con passione. Perché, con tutti i limiti, che vi piaccia o no, hanno salvato il morente Rock n’Roll.

Definitivamente, Forse.

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